Se avete feedback su come possiamo rendere il nostro sito più consono per favore contattaci e ci piacerebbe sentire da voi. 
 

Serve La Testa

La maratona, un viaggio lungo 42 Km e 195 metri, perché non sono uno scherzo quegli ultimi metri, soprattutto dopo averne fatti 42mila.

42 Km non sono sempre uguali. Possono essere tanti, troppi o troppo pochi. In salita o in discesa, nella grande mela, in una grande capitale Europea, (vedi Lisbona)  o dietro casa (vedi ieri a Latina), di fango, asfalto, erba o sterrato o addirittura in pista per chi ha la testa di fare più di 100 giri nello stesso posto, (ricordo che in estate ero arrivate a correrne ben 32 in pista). Nelle giungle urbani insieme ad altre migliaia di persone, perché da soli è troppo pesante. In una strada lunga e infinita, circondati dal nulla, soli, perché è l'unico posto dove si trova il silenzio.

42.195 metri uno dietro l'altro, dove l'entusiasmo della partenza, in cui si sente il vuoto nello stomaco, come alle interrogazioni scolastiche, le braccia dapprima fredde e poi bollenti, le gambe che non hanno capito ancora che dovranno fare circa 40.000 passi a testa e che spingono come se non ci fosse un domani. La folla eccitata, quella fuori, che un po' invidiosa, (ma altrettanto ignara di cosa porti dentro), ti incoraggia, ma ancor di più quella che ti corre attorno, con continui cambi di ritmo. Serve la testa per restare costanti, serve la testa per gestirti. Serve la testa, che ti ha portato dopo mesi di allenamento lì, serve la testa per controllare l'emozione, per godersela sì, ma per non farti dominare dall'emozione stessa.  E’ un’esperienza solitaria, una performance sfiancante, che mette lo sportivo di fronte alla fatica estrema, alla resistenza fisica e psicologica per superare uno sforzo che, in tutta onestà, non ha nulla di eccitante. Correre una maratona richiede mesi di allenamento individuale, richiede sacrifici, richiede concentrazione e motivazione, tanta motivazione. Richiede una risposta convincente quando, alla fine della prima ora, nel pensiero incomincia a prendere vita e ad avanzare come la cavalleria rusticana, la domanda: “ma per quale motivo lo sto facendo?”. E una risposta vera, spesso, non c’è. Ma soprattutto non c’è una risposta unica, universale, che vale per tutti.

Poi, come la nebbia quando la temperatura si alza, la folla si dirada e tu ti senti solo e lì la testa continua a contare, ma devi essere bravo a farle pensare altro, a far funzionare la parte inconscia, quella che ti permette i gesti involontari. Ecco l'allenamento, fa andare le gambe come se avessero un loro cervello, come la coda di una lucertola, i tentacoli di un polpo. Tac, Tac, Tac, ritmo costante e tu ora assapori quello che hai attorno. Correre la maratona non arricchisce in termini economici, non porta alla celebrità, non diverte e non riempie i ritagli del tempo libero dell’atleta, ma li fagocita, li assorbe, li annulla. E allora pensi di fermarti, slacciare le scarpe, rimettere a posto il pettorale perché oggi non la finirai. Perché, in fondo, che senso ha correre la maratona? Però dentro di te sai che in fondo hai tenacia e caparbietà e quindi forse la maratona fa’ per tè! Perché la maratona screma e seleziona. E solo i più testardi e gli ostinati arrivano in fondo.

Intanto sei a metà strada, inizi ad incontrare chi ha dato spazio all'euforia iniziale, li sorpassi e li lasci lì. Non devi pensare che sei più figo di loro, oppure "ti sta bene, tiè!". No, stanno imparando, (come del resto te), sono tuoi compagni di viaggio, non c'è nulla di male dare spazio all'euforia, la prossima volta la gestiranno meglio.. Non sanno neanche loro perché hanno iniziato a correre, ma sanno di non poter smettere. Perché la maratona è un richiamo, è un istinto, un bisogno profondo, un traguardo che scivola di fronte a noi e che ci sfida, come a dire: “Prendimi se riesci, battimi se puoi. Dai, forza, superami”. Superami! E superati: perché correre la maratona significa metterti in discussione e superare i tuoi limiti. Significa continuare anche quando le gambe tremano, la forza scema e tutto quello che desideri di più è fermarti sulle ginocchia e tornare indietro. Ma a quel punto non puoi. Lo sai che non puoi: perché tutto ciò che è intorno a te ti sta guardando, anche se non c’è nessuno.

E intanto sei al 30esimo, e poi ancora al 32esimo! il MURO, come un baluardo è lì che ti aspetta… Già! Il MURO! Non bisogna aver paura del MURO, quella è una paura ti consuma le energie utili a superarlo. Il muro vive della tua ansia verso di lui. Tutti ne parlano, nessuno lo vede. Ma chi lo teme ci sbatte il muso! Ormai sei tu e l’asfalto e la distanza minima che ti separa dal traguardo.. sei al 37esimo… Le scarpe ai piedi, gli abiti semplici, il pettorale inzuppato si sudore, ancora fissato nella maglia, come una divisa da difendere. Sì, il pettorale, lo avevo dimenticato. Un numero, tra migliaia, che racconta il tuo coraggio, che parla della tua voglia di crederci, che ti ricorda la forza che hai mostrato quando tutti andavano a destra o a sinistra, al ristorante o al cinema, a passeggiare o a poltrire e tu, invece, correvi da solo, dietro ai tuoi pensieri, dietro al tuo sogno.  Ed è allora che ti aggrappi a tutte quelle situazioni, a tutti i sacrifici, a tutti quegli attimi vissuti nel tuo segreto dentro di te, che  ti hanno portato a correre quei 42.195 interminabili metri, che non pensi più solamente alla sfida ma a resistere, a non mollare e fai ancora comandare la testa perché lì dove sei arrivato, non ci sei arrivato per caso, ma è il frutto di un disegno, un progetto, ti sei allenato per tutto ciò e non puoi, non vuoi fermarti, perché sai bene che il motto di giornata è: “non esiste non ce la faccio, non esiste ci devo provare, ma CI DEVO RIUSCIRE” ed ecco che allora fai leva sul residuo di energie che ancora si annidano nelle gambe e come in niente ti accorgi che mancano 2 km e 195 metri, perché quei 195 metri contano. Cosa fai? Smetti di gestirti a quel punto, spingi come Usain Bolt nella finale dei 100, non si torna indietro, si vola in avanti. A testa alta e corri ancora una volta come se non ci fosse un domani. Sei al 42esimo mancano solo 195 metri, ed allora spieghi le braccia come un aereo, plani veloce e commosso sul traguardo, con le lacrime agli occhi: 3h29’06” è finita sei arrivato, è personal best!

Antonio Farina

 
Powered by A.S.D. Atletica San Nicola - Copyright ©
per contatti: asd@atleticasannicola.it
  Site Map